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Mozart e Salieri - Mozart e Casanova

 

MOZART E SALIERI
di Nikolaj Rimskji-Korsakov
con Luigi Petroni (Mozart
), Roberto Abbondanza (Salieri
), Gilles Coullet (una presenza)
collaborazione scenografica Luigi Furno
realizzazione luci Rosario Dalise
orchestra Ensemble In Canto
direzione Fabio Maestri
regia scene e costumi Claudio Di Palma

 

MOZART E CASANOVA
di Carlo Galante
con Claudio Di Palma
soprano Patrizia Polia
testi Claudio Di Palma
collaborazione ai testi Simone Caputo
orchestra Ensemble In Canto
direzione Fabio Maestri

debutto > 31 luglio 2006

Villa Bruno - San Giorgio a Cremano (NA)

MOZART E SALIERI
di Nikolaj Rimskji-Korsakov

Archiviato dalla storia come una suggestione improbabile, l’avvelenamento di Mozart da parte del musicista italiano Antonio Salieri resta elemento fascinoso di letteratura. Nel 1830 Puskin traduce in 231 versi le dicerie dell’epoca. Inventa conferme sulla colpevolezza di Salieri dando la stura ad una nuova elaborazione del contrasto tra genio e mediocrità.
È in questa flessione dello spirito e dell’umana capacità che, nella mia visione interpretativa, si compone anche l’opera di Rimskji-Korsakov. Mi è sembrato evidente che le linee vocali e le parti orchestrali configurassero uno smarcamento dell’involontarietà del genio dall’erosione emotiva che anima Salieri.
È sul bilico drammaturgico di questa frattura che continuamente indugiano i due.
Il livore che motiva Salieri è alimentato dalla sua stessa capacità di reperire il bello, inebriandosene. L’invidia è scoria della sua estrema e ragionata convinzione di saper opporre all’immediatezza del gesto creativo di Mozart solo una elaborazione da mestierante. Riconosce in Mozart il genio divino che recepisce l’ispirazione con modalità pressoché indipendenti dalla profondità del proprio stato di coscienza. Questo disturba il suo pensiero, lo distorce. Ma, per quanto la vertigine lo disorienti, e sembri lui l’unico legittimamente indiziabile di omicidio, la visione/divisione manichea di Puskin tra l’angelo geniale e tormentato e il livido invidioso Salieri, pare eccessiva e contaminata da tendenze romantiche che semplificano le angolazioni del dramma.
Ho così scelto una sintesi scenica che concentrasse estremamente lo spazio emotivo sui due personaggi, perché emergessero le molteplici sfaccettature del sentimento e perchè i loro volti e i loro stessi corpi divenissero l’unico territorio di confronto. Il delegato, invece, alla liturgia delle cose e degli accadimenti è un celebrante quasi involontario. Violinsta cieco, cameriere o committente misterioso del requiem, artefice forse casuale del compiersi del destino. Bicchieri, tovaglioli, candelabri diventano nelle sue mani oggetti di un rituale di morte che si compie tra l’estasi in cui si concreta il gesto lirico e il raccapriccio generato dall’impotenza. Per un’opera in nero, un uomo tutto in nero, spettro delle debolezze umane, ombra incombente sull’animo e l’umore di Mozart e Salieri.
La luce è poca, dalle lampade si proiettano ombre, i visi sono continuamente in chiaroscuro perché la storia non ha concesso requie. Ha destinato entrambi ad un mistero irresolubile, ha frantumato il calco del volto di Mozart, ha sbiadito l’identità e il valore di Salieri.

MOZART E CASANOVA
di Carlo Galante

Breve racconto in musica, melologo ispirato dalle suggestioni di una composizione originale, quella di Galante, che suggerisce continue sospensioni del sentimento, attriti improvvisi e inarcamenti dell’anima, capaci di incatenare il desiderio ad una voce che corre tra quartine apparentemente scomposte. Quartine composte, invece, da un Casanova rapito dall’estasi. Quartine che provengono o si dirigono verso un’ipotetica chiusura del Don Giovanni di Mozart.
La musica di Galante diventa, così, preambolo e marcatura ispirata di una storia.
Questa storia nasce da un interrogativo: cosa accade quando l’istinto creativo si realizza in gesto d’arte?
La storia prova a farsi risposta: può accadere che, dinanzi allo svelamento della grazia, ci si ritrovi ad essere percorso da un sibilo sublime, a percepire una voce femminile incarnazione del processo di rivelazione. Seguendo queste premesse la storia può farsi dunque accadimento.
Paolo giovane napoletano, e aspirante poeta, nel settembre del 1743, si imbatte casualmente in Casanova. Resta incantato dalla facilità del suo poetare, prende a seguirlo, di nascosto, ovunque, fino ad essere testimone stupito dell’incontro tra il seduttore veneziano e il giovane genio salisburghese. In un pomeriggio napoletano, in una sera praghese, Paolo assiste inerme all’insorgere del raccapriccio che invade i suoi sensi. La vertigine è quella di una seduzione incorporea, è quella di uno smarrimento che si accompagna ad un irresolubile desiderio. Il suo senso di sublime spaesamento è provocato ogni volta dall’irruzione prepotente e suadente del divino. Un divino che sa presentarsi nelle dita, veloci sui tasti, del piccolo Mozart, nell’inchiostro repentino della scrittura di Casanova. Il divino, il suo divino esercita richiami, lo destina ad incubi premonitori, lo dirige forse ad un atto estremo. Estremo come può essere estremo il divaricare, in una sera praghese del 1787, il proprio sguardo tra fogli schizzati di quartine e una luna bianchissima su cui ci si potrebbe scrivere. È su quel bilico che è possibile ascoltare una voce, magari femminile. È, questa, una voce che introduce nel vitalismo irriducibile del gesto creativo, è questa, una voce che evoca un vago, ma sensibile sentore di morte.

Claudio Di Palma