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Agamennone

da Eschilo a Pier Paolo Pasolini

con Andrea de Goyzueta, Francesca De Nicolais, Giuseppe Papa, Giovanni Prisco, Fabio Rossi
disegno del suono Giuseppe Stellato
scene e costumi Pino Carbone
adattamento e regia Pino Carbone
una produzione Nuovo Teatro Nuovo e Milzacompressa
in collaborazione con DAMM e Tourbillon Teatro

debutto > 5 novembre 2006
DAMM Centro Sociale - Napoli

Una protesta sospesa
da Eschilo a Pier Paolo Pasolini

La Tragedia:
“Dio fa che finisca presto questa pena”. Questo il primo verso dell’Agamennone nella traduzione di P. P. Pasolini, questa la speranza di un popolo, quello di Argo, che aspetta il ritorno del suo re, che riporti ordine, che ristabilisca un equilibrio, ma anche quella di personaggi costretti ad essere e a relazionarsi ad una condizione di angosciosa attesa. Questo il desiderio del guardiano che da dieci anni aspetta il segnale di fuoco col quale Agamennone ha convenuto di comunicare il suo ritorno vittorioso da Troia. Il guardiano verrà presto accontentato, finirà la sua personale pena e inizierà una tragedia. Ad annunciarla saranno i vecchi attraverso i quali, in un solenne corale, il poeta Eschilo accenna i temi fondamentali dell’intera trilogia “Orestea” di cui “Agamennone” fa parte. Appare poi la regina Clitennestra, felice della notizia, in quanto potrà finalmente compiere il tanto meditato delitto e, poco dopo il messaggero che precede Agamennone, il quale giunge portando con se Cassandra, preda di guerra e figlia di Priamo, che in un profetico delirio annuncia la strage che l’adultera regina compirà sul marito e su lei stessa. Clitennestra confesserà e giustificherà al coro, che la minaccia, il feroce delitto a lungo preparato con il suo amante Egisto.

Pasolini e Giuliani:
La scelta di utilizzare la traduzione di Pasolini diventa necessaria se si vuole affrontare questa tragedia con spirito moderno e civile, infatti la tendenza linguistica di Pasolini è stata quella di modificare continuamente i toni sublimi in toni civili. La sua allusività è verso un ragionamento tutt’altro che mitico. L’opera assume un significato quasi esclusivamente politico. Ad un certo punto sembra che smetta di fare l’autore e diventi uno dei personaggi che torna dall’ormai distrutta città di Troia, accompagnato da un’altra vittima: un giovane ragazzo genovese che indossa un passamontagna nero e mostra un estintore rosso per farsi riconoscere. Carlo Giuliani che si sforza, con un pianto profetico, di annunciare l’imminente tragedia. Non viene creduto.

Note di regia:
In scena cinque attori, sempre presenti, sempre in una lenta, continua, attenta e a tratti energica attività, diventeranno di volta in volta i personaggi della tragedia eschilea. Ma cosa unisce Agamennone, Clitennestra, Cassandra, Egisto e il Coro all’omicidio di Pier Paolo Pasolini e Carlo Giuliani? Il martirio, l’esecuzione diversamente pubblica, lo scempio dei corpi, un fascismo di Stato che traspare dietro le morti, un’idea reazionaria di restaurazione cui le vittime hanno opposto un impegno alla resistenza. Cosa ci ha spinto ad unire sulla scena questi personaggi e queste vicende? La stessa vocazione al martirio, lo stesso impegno a resistere, la necessità di costringersi a fare e di costringere altri ad assistere, la barbarie del massacro di un cavallo su una spiaggia in pieno agosto.
L’esigenza di una riflessione collettiva.

Lo spettacolo:
I personaggi hanno esattamente la stessa età di chi li interpreta. Ragazzi, che nonostante il loro ruolo, scelgono di stare insieme per difendersi e protestare. Sono costretti a dei conflitti per portare a termine l’antica tragedia, unico linguaggio a loro consentito.
Una sorta di processo al Coro, “persona informata dei fatti”, accusato di essere passivamente presente. Egli accetta la dinamica che però ribalta, semplicemente attraversando lo spazio e cambiando di posto, ponendo così gli altri personaggi in una posizione ed una condizione di imputati costretti ad agire.
L’immagine iniziale altro non è altro che una condizione di snervante attesa, occupata da maschere annoiate e stancamente attive e da un cavallo sofferente. Il guardiano decide di iniziare la tragedia. Il cavallo, barbaramente massacrato su una spiaggia di Catania, trova la forza di annunciare grazie ad un megafono i tragici eventi. Agamennone, Egisto, Cassandra e Clitennestra, seminudi perché colti di sorpresa, costruiscono ed occupano una barricata con tutto ciò che era presente in scena; mangiano insieme, si raccontano storie e vomitano sul Coro la loro rabbia oltre che i loro sputi ed un violento abbaiare di cani. Il messaggero (voce di una bambina che esce fuori da un registratore) aziona il meccanismo tragico, a cui i personaggi possono accedere solo dopo essersi completamente bagnati e vestiti dei propri abiti grondanti. Questa dinamica porterà alla morte violenta di Agamennone e di Cassandra che solo ora ricordano i corpi martoriati di Pasolini e Giuliani. Queste immagini provocano un corto circuito che sancisce, nonostante la disperata opposizione di Egisto e Clitennestra, lo sgretolamento fino all’annullamento totale dello spettacolo.

Pino Carbone

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galleria fotografica Agamennone

Agamennone, da Eschilo a Pasolini

promo Agamennone

prima parte

seconda parte